Se l’accessibilità è divenuta un tema molto dibattuto a livello mondiale ed europeo, trasformandosi in un cardine vero e proprio per l’avvio di nuove avventure commerciali, aziendali e lavorative in genere, in Italia ci sono ancora parecchi scogli da superare e pregiudizi da sradicare: non sono pochi, ad esempio, gli esercizi privi di una rampa d’accesso e/o di un corrimano pensato per i portatori di handicap, come altrettanto numerose sono le realtà in cui viene ancora proibita l’entrata dei cani-guida che sono – a tutti gli effetti – gli occhi e la bussola per i non vedenti e gli ipovedenti.
Inoltre, fatta eccezione per quegli edifici che ospitano vincoli strutturali e ai quali, quindi, è concessa una proroga per la messa a norma attraverso l’abbattimento delle barriere architettoniche, sono davvero ancora troppe le attività commerciali connesse al settore food&beverage che non ospitano bagni accomodati e resi fruibili per i disabili.
D’altro canto, non sempre circola una corretta informazione anche sul volume delle spese da affrontare per intervenire in questo senso: lo Stato, in effetti, mette al servizio di chi investe sull’accessibilità numerose agevolazioni e sgravi fiscali che rendono meno faticoso questo step, fondamentale non solo per offrire una maggiore accessibilità a 360° a tutti i componenti della società ma che si rivela, come abbiamo visto, anche un’intelligente strategia di marketing, che migliora la reputation e la awareness aziendale e si trasforma in un’iniziativa capace di incentrare una vera e propria campagna pubblicitaria proprio sull’attenzione alla questione inclusione. Un elemento assolutamente da sottovalutare.
Ma quali solo i passi maggiormente consigliati per rendere la propria attività commerciale (più) accessibile?
Il progetto Universal Design
Se siete alla ricerca di un vademecum che vi guidi nei vari step da ultimare, ci ha pensato il progetto firmato Ronald L. Mace della North Carolina State University; l’architetto, infatti, ha dato vita a quello che, oggi, viene definito Universal Design, che identifica – con respiro internazionale – tutte le qualità che una progettazione che mira all’accessibilità dovrebbe avere:
- equità;
- flessibilità;
- semplicità;
- percettibilità;
- tolleranza all’errore;
- contenimento dello sforzo fisico;
- misure e spazi sufficienti.
In questo modo, l’obiettivo diventa dare vita ad edifici che siano fruibili da tutti, muniti di quegli elementi che rendano la permanenza semplice e accogliente, minimizzando eventuali rischi ed imprevisti e fornendo tutto lo spazio necessario a chi si muove attraverso ausili ingombranti.
In Italia il progetto è stato preso molto sul serio dalla città di Ferrara, che ne ha promosso il documento madre fornendo, a sua volta, delle linee guida per chi ha intenzione di adeguarsi. Essenziali sono stati ritenuti:
- parcheggi CUDE (Contrassegno Unico Disabili Europeo) con relativa segnaletica nelle immediate vicinanze della struttura;
- segnaletica esterna con caratteri ingranditi, contrasto dei colori, mappe tattili e guide naturali di orientamento;
- ingressi e uscite di sicurezza con pedane e rampe e porte leggere da manovrare, dotate di pratico maniglione antipanico e/o aperture automatiche;
- spazi interni e percorsi liberi da ingombri di qualsivoglia natura (decorazioni che, spesso, non si pensa possano essere d’intralcio, come tappeti e vasi) dotati di segnaletica efficace, tavoli e banconi ribassati o semi-movibili e pulsantiere raggiungibili da tutti (quante volte, ad esempio, un disabile non riesce a spingere il pulsante desiderato in ascensore?);
- bagni attrezzati, differenziati per uomo e donna, possibilmente provvisti di sensori per i rubinetti e porte scorrevoli;
- camerini di prova sufficientemente ampi (pensando alle carrozzine), dotati di un sistema di chiusura a tenda piombata e di (almeno) una seduta.
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