Se ci fossero ancora dubbi al riguardo, uno studio condotto da una neolaureata italiana è pronto a farsene testimone: il potere terapeutico dell’arte è di altissimo livello per tutti, senza eccezioni, disabili inclusi.
I dati
È stata una tesi presentata da una laureanda in Educazione Professionale a mettere in luce questi dati: Francesca Clapis, infatti, con il suo “Studio sull’educazione e sull’arte come elementi che migliorano la percezione di benessere” ha cercato di mettere in correlazione i benefici ricevuti da alcuni disabili con il coinvolgimento in attività legate all’arte.
Il campione, per la verità, è stato composto solo di 16 individui, troppo pochi per stilare una vera e propria statistica, ma ci sono altri studi maggiori che vanno a supporto di questi risultati e che fanno, quindi, da verifica.
USA, Regno Unito, Finlandia, Norvegia ed anche Italia, infatti, hanno rilevato come malati di cancro, anziani, affetti da cefalea cronica o sopravvissuti ad ictus abbiano migliorato sensibilmente la qualità della propria vita proprio grazie alla partecipazione attiva a progetti artistici: un risultato che, in realtà, non sorprende più di tanto perché si conosce la positività dell’impatto psicologico che un’attività creativa è capace di generare, in ognuno di noi. Non è un caso che, dal 2009, l’America abbia incluso, in moltissimi dei suoi istituti, dei progetti di arte figurativa, disciplina che sembra addirittura avere un ruolo di “acceleratore” nelle cure e nella guarigione di alcuni disabili!
Tornando al piccolo studio italiano introdotto, in particolare, sono stati scelti un paio di istituti per disabili, coinvolgendo questi 16 soggetti, per un’ora e mezza, tre volte a settimana e per tre settimane consecutive, in attività ri-creative artistiche, tra laboratori, questionari di autovalutazione e incontri paralleli (con educatori, esperti e famiglie); il risultato?
Nell’87% degli incontri, le testimonianze del personale e dei familiari intervistati riferivano riscontri positivi: attitudine psicologica, umore e processi di guarigione hanno ricevuto una spinta “luminosa” ed un input prezioso.
Un dato che non può passare inosservato e che potrebbe essere la chiave per una maggiore attenzione da dedicare all’introduzione di attività legate all’arte non solo negli istituti, ma anche in tutte le case dei disabili.