Ci sono momenti in cui la vita sembra mettere alla prova più del dovuto, quasi al limite della sopportazione e della sofferenza.
Lo sanno bene Bebe Vio, Alex Zanardi e Edgard John Augustin.
Ma se per Alex le cose sono andate in un certo modo, con la perdita delle gambe da adulto in un bruttissimo incidente durante una gara automobilistica, per Bebe ed Edgard l’input è stato completamente diverso, perchè la prima ha perso tutti e quattro gli arti da adolescente, a causa di una meningite, mentre il secondo ha dovuto rinunciare alle sue gambe a soli 4 anni, ancora una volta a causa di un incidente d’auto.
Un episodio che è stato, in pratica, il principio di una vita che era ancora in procinto di cominciare e che ha condizionato ogni fase di quello che, all’epoca, era soltanto un bambino.
Quella fatidica sera era la madre di Edgard alla guida, quando perse il controllo dell’auto causando un incidente che ha reso, poi, invalidi entrambi i fratelli. “Ricordo di essermi svegliato con le urla terrorizzate di mia madre. C’era sangue dappertutto, e, dalle ginocchia in giù, entrambe le mie gambe non c’erano più. Mio fratello maggiore, che era seduto accanto a me sul sedile posteriore, aveva perso anche lui una delle sue gambe” – ha dichiarato l’atleta, ora trentenne.
Le gravissime ferite erano state provocate da una lamiera che si era fatta strada attraverso il lunotto.
“Siamo molto fortunati ad esserne usciti vivi. E nonostante nostra madre abbia riportato solo poche dita rotte, l’incidente ha avuto l’impatto più duro e permanente proprio su di lei. Ancora oggi, sente come se fosse sua la colpa degli handicap di entrambi i suoi figli. Pesa molto sulla sua anima” – ha continuato il giovane body builder.
La vita dopo l’incidente
Poco dopo essere stato dimesso dall’ospedale, Edgard è stato trasferito ad un centro di Parigi, specializzato nella riabilitazione di veterani di guerra e altri amputati. Ha passato un anno intero ad imparare a camminare secondo le possibilità che gli offriva la sua “nuova vita”.
Un anno duro e pieno di pazienza, in cui ha dovuto subire la dipendenza da barelle e stampelle prima di abituarsi alla deambulazione con le protesi.
Un bambino di 4-5 anni, insomma, che impara a camminare di nuovo e con tutt’altri presupposti… ed equilibri. La mancanza della caviglia “ruotante”, infatti, non è una cosa da sottovalutare; Edgard ha dovuto imparare a trovare l’equilibrio, in tutte le situazioni, soltanto grazie alla parte superiore del suo corpo: “Per esempio, se non mi aggrappo a qualcosa, mentre sto in piedi, in un treno o in un autobus, c’è buona probabilità che io cada“.
Una volta autorizzato dalla struttura di riabilitazione, Edgard è tornato a casa, in Sudamerica, nella Guyana Francese.
Ma le sfide da superare erano appena cominciate.
Quando si è affacciato alla vita di tutti i giorni, il piccolo Edgard ha dovuto fare i conti con i primi commentini e soprannomi affibbiatigli dai compagni di scuola: “Mi chiamavano ‘robot legs’ (gambe robot)“, ricorda. Un colpo piuttosto duro da assorbire per un bambino che ha già passato l’inferno e sfiorato la morte con le dita.
Tuttavia, il non aver conosciuto un altro tipo di vita è stato, forse, in questo caso, un bene.
Edgard ammette di non aver mai avuto, per fortuna, pensieri suicidi o legati a patologie depressive, perchè la sua vita è, semplicemente, “sempre stata così”.
La passione per lo sport è arrivata molto più tardi; la sua era più predisposizione che altro.
Quando, durante le lezioni di Educazione Fisica, si ritrovava a correre, era sempre il più veloce, ma senza un motivo ben preciso: Edgard, infatti, allo sport, inizialmente, preferiva “la bella vita”, il cibo, eppure fisicamente dava già risultati importanti.
Una volta finiti gli studi liceali a Parigi ha cominciato a formare la sua istruzione superiore, ma aveva bisogno di una valvola di sfogo, motivo per il quale si iscrisse in palestra.
La svolta
Il momento “sliding door”, come lo chiamerebbe qualcuno, arrivò poco tempo dopo.
Un fotografo, grazie ad un amico comune, lo contattò per realizzare un photoshooting. L’idea iniziale era di lavorare con un atleta ma quando Edgard illustrò la sua situazione al professionista, lui ne trasse un’idea specifica, proprio legata al suo caso. Ma quello che il fotografo non poteva sapere è che Edgard, fino a quel momento, aveva tenuto nascosto il suo handicap, anche a molti amici: in fondo era bastato soltanto indossare pantaloni lunghi.
Alla fine di una lunga riflessione, però, la scelta fu quella di mettere, finalmente, a nudo le sue gambe e il suo handicap, dando l’autorizzazione al fotografo di scattare le foto.
Fu un successo immediato.
Alla pubblicazione su Facebook di questi ritratti fotografici, con il tag su Edgard, arrivò dalla gente di tutto il mondo un’ondata di positività e di incoraggiamento che sarebbe stata difficile anche da ipotizzare o immaginare.
“La gente mi ha detto che dovevo abbracciare il mio handicap e mostrarlo senza paura o imbarazzo. E’stato davvero incredibile“, ricorda commosso Edgard.
Da lì è come se un interruttore, da sempre posizionato su off, si fosse improvvisamente acceso.
Niente più segreti, niente più vergogna: le gambe di Edgard erano sempre in vista, anche per aiutare emotivamente altre persone che, come lui, si ritrovavano a combattere una lunga battaglia con l’invalidità.
Cominciò, così, anche l’avventura con “Bionic Body“, presso cui il giovane atleta registrò tutti i suoi social per mostrare al mondo la sua vita, i suoi allenamenti e i suoi obiettivi.
Un’avventura che è cresciuta ed è diventata importante, fino a diventare molto più grande di quello che un solo uomo potrebbe fare, raccogliendo migliaia di adesioni da tutto il mondo.
Un cammino in ascesa, da quel punto in poi, che ha procurato ad Edgard anche collaborazioni con MyProtein, da cui venne sponsorizzato, e Ossur, un’azienda islandese che si occupa di attrezzature ortopediche e protesi non invasive, di cui divenne ambasciatore.
Il cambio di protesi
Anche per il cambio di protesi fu un po’ il “caso” a dettare legge.
Al compimento della sua formazione superiore in Francia infatti, le gambe bioniche dell’atleta si ruppero, forzandolo a trovare una nuova soluzione: il tutto si rivelò estremamente positivo perchè, senza rendersene conto, sostituì il vecchio modello con uno nuovo, che gli dava la possibilità di allenarsi e di muoversi in tutta libertà.
Soltanto nel 2014, spinto da alcuni amici, Edgard prese in considerazione di allenarsi per partecipare alle competizioni. Presenziò, nel 2015, al Grand Prix des Pyrénées, posando, con grande soddisfazione, tra i normodotati in uno scatto che ha fatto la storia.
“Sono un caso un po’ strano per essere appartenente alla categoria “su sedia a rotelle” di questo sport, perchè, in realtà, ho la fortuna di essere in grado di stare in piedi e di eseguire tutte le pose obbligatorie delle categorie regolari. Per me, la possibilità di camminare sul palco tra gli atleti normodotati è stata la più bella esperienza di sempre. Inestimabile“.
Dopo lo spettacolo il capo allenatore francese gli chiese di partecipare ai campionati europei, in Spagna. Lì Edgar si guadagnò il titolo di Campione Europeo di Body Building WheelChair (cioè su sedia a rotelle, anche se sedia a rotelle non è!).
Edgar oggi lavora per elevare quel titolo da “Europeo” a “Mondiale”: “Il Bodybuilding non è solo una passione per me, è uno stile di vita. E’ quello che sono ed è quello che voglio fare con la mia vita. Voglio continuare a far crescere Bionic Body, per aiutare e motivare il maggior numero di persone possibile. Voglio diventare il più grande campione che lo sport abbia mai visto. The Sky is the limit“.