Paralimpiadi: quasi un secolo di storia

Lo sport, nell’ambito della disabilità, rappresenta tanto, qualche volta tutto: abbiamo visto spesso quale sia il suo potere, a livello psicofisico, in quanto non solo riesce a migliorare e stimolare il corpo lì dove è necessario, ma diventa anche veicolo di adrenalina, vita sociale, combattimento della depressione.

Quando, poi, l’interesse per la pratica sportiva comincia a toccare l’agonismo, si può pensare anche di cimentarsi in grandi avventure di competizione, arrivando persino alle Paralimpiadi.

Ma, proprio a questo proposito, quali sono le origini dei Giochi Paralimpici?

La storia delle Paralimpiadi

Sono “solo” 69 anni che le Paralimpiadi esistono, eppure abbiamo imparato a conoscerle e ad apprezzarle attraverso gli occhi, e le esperienze, di personaggi noti come Giusy Versace, Bebe Vio o Alex Zanardi, grande sportivo prima e dopo l’incidente che lo ha reso disabile, dinanzi a tantissimi spettatori.

La storia di questi Giochi (che sono, tuttavia, molto più di un “gioco”), comincia nel 1948, quando a Stoke Mandeville, in Inghilterra, Ludwig Guttman, un medico che lavorava con i reduci di guerra inglesi rimasti feriti (talvolta anche mutilati e deturpati), ebbe un’intuizione che avrebbe, in seguito, cambiato la storia.

Pensò, infatti, a distrarre, ma anche potenziare e ristabilire psicologicamente, i suoi pazienti tramite giochi sportivi: quell’anno ci sarebbero stati i Giochi Olimpici di Londra, ed invitare anche ex soldati olandesi per una sorta di “olimpiade” parallela sembrò una buona idea. Fu così che nacque la prima competizione sportiva internazionale per atleti disabili, con soli 16 partecipanti; il popolo cominciò a parlare di quelli che diventarono, in seguito, i famosi Giochi di Stoke Mandeville.

Si dovette, però, aspettare il 1960 per l’arrivo di Paralimpiadi ufficiali, che affiancassero le regolari Olimpiadi di Roma: in quell’anno, infatti, l’iniziativa venne riconosciuta dal Comitato Paralimpico Internazionale (IPC) e dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO).

In questo modo, ai Giochi potettero partecipare non solo reduci di guerra ma anche, per la prima volta, altri disabili. 4 anni dopo fu la volta di Tokyo, con 400 disabili partecipanti, finchè si arrivò, tra il 1968 e il 1984, a maturare un distacco tra le due iniziative sportive, sia come sede che come attività. L’input arrivò con il disinteresse del Messico verso i Giochi Paralimpici, che vide costretti gli organizzatori a virare su un altro territorio ospitante, Tel Aviv, in Israele, che vide, tra l’altro, un numero ancora maggiore di partecipanti: si parla di circa mille unità!

Nel 1988 i “Giochi Paralimpici“ sono stati ufficializzati e distinti dall’iniziativa madre e le Paralimpiadi sono diventate così ambite e celebri che a Seoul, l’edizione successiva, parteciparono circa 3000 disabili.

Arrivando a giorni più vicini ai nostri, nel 2005, a Londra, il comitato organizzatore dei Giochi Olimpici fu, per la prima volta, lo stesso dei Giochi Paralimpici,e la città, nel 2012, è stata capitale mondiale dello sport per disabili. Un titolo meritato, data l’origine anglosassone dell’iniziativa, in fondo.

Oggi le Paralimpiadi vengono trasmesse e seguite in tv da tantissimi spettatori, curiosi ed appassionati, ed ha regalato tantissime medaglie ad atleti validi e fortemente impegnati sia nello sport che nella causa della disabilità.

Ancora una volta, attraverso attività come queste, si è riuscito a dimostrare l’immenso potere dello sport, a tutti i livelli, capace di coinvolgere ed unire davvero tutti.

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